L’alimentazione rappresenta un aspetto fondamentale dello sviluppo infantile.
L’atto del mangiare, infatti, non coinvolge solamente aspetti biologici e nutritivi del bambino, ma interessa soprattutto aspetti più intimi della sua esperienza individuale.
Mangiare permette di soddisfare un bisogno fisico, la fame, e questo avviene all’interno di una relazione interpersonale tra chi riceve una cura affettuosa e chi si prende cura di lui.
Il bambino, fin dall’allattamento, inizia a conoscere il mondo attraverso il cibo.
Sperimenta sensazioni, odori, calore, sapori, ma, soprattutto, entra in relazione con persone che sono attente al suo benessere.
L’alimentazione è, dunque, un’esperienza sociale, una pratica che si fa con gli altri e si apprende dagli altri.
Il pasto con i genitori è un momento fondamentale per la costruzione di una famiglia.
Condividere il cibo aumenta il senso di appartenenza al gruppo.
Ogni famiglia, infatti, si caratterizza per regole specifiche dello stare a tavola, ed è proprio a tavola che, spesso, si stabiliscono i ruoli e il potere all’interno del gruppo.
Il cibo è quindi una componente importante dei legami affettivi.
L’alimentazione, tuttavia, non rappresenta solo un’esperienza di unione relazionale.
Attraverso le preferenze per alcuni cibi e il rifiuto di alcuni alimenti, il bambino inizia a sperimentare un senso di autonomia.
Si pensi, ad esempio, al bambino che vuole mangiare da solo e non essere più imboccato dai genitori.
Questo processo è alla base dell’individualità e della differenziazione dall’altro, processo che, in futuro, permetterà al piccolo di strutturare una specifica identità psicologica.
In questo percorso di autonomia, può capitare che il bambino possa presentare alcune problematicità nel mangiare.
Spesso le difficoltà nell’alimentazione sono transitorie e tendono a risolversi spontaneamente in tempi rapidi.
Il bambino apprende, infatti, forme più evolutive per sperimentare la propria autonomia.
In altri casi, le anomalie possono persistere e strutturarsi in veri e propri Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).
Durante l’infanzia possono manifestarsi i DCA più noti:
- Anoressia: restrizione sempre maggiore della quantità di cibo assunta che induce ad un peso corporeo significativamente al di sotto di quello previsto. Si associa ad intensa paura di aumentare di peso.
- Bulimia: ricorrenti abbuffate che consistono nel mangiare una quantità di cibo decisamente eccessiva rispetto al necessario. Le abbuffate si associano a ricorrenti comportamenti inappropriati al fine di prevenire l’aumento del peso (vomito autoindotto, digiuno o eccessivo esercizio fisico).
- Disturbo da Alimentazione Incontrollata: ricorrenti episodi di abbuffate. Il bambino tende a mangiare di nascosto perché si vergogna della propria voracità. Non sono presenti comportamenti che cerchino di prevenire l’aumento di peso.
I Disturbi del Comportamento Alimentare più comuni nell’infanzia sono:
- Pica: ingestione ricorrente di oggetti o liquidi non commestibili. Tali comportamenti sono inappropriati rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo del bambino.
- Disturbo di Ruminazione: ricorrente rigurgito del cibo che successivamente può essere rimasticato, nuovamente ingerito o sputato. Il rigurgito non è dovuto a una condizione medica come, ad esempio, il reflusso gastroesofageo.
- Disturbo dell’Alimentazione Evitante/Restrittivo: persistente mancanza di interesse nel cibo, evitamento di una sempre maggiore quantità di alimenti che possono indurre un inappropriato fabbisogno nutritivo ed energetico ed una significativa perdita di peso.
- Obesità: oggi rappresenta una vera e propria malattia sociale ed è stato riscontrato che circa 20% di bambini obesi ha un disturbo del Comportamento Alimentare.
I DCA in età infantile sono in forte aumento e l’insorgenza di questi disturbi è sempre più precoce.
Alla base dei DCA si trovano molteplici fattori.
Uno degli aspetti che spesso si riscontra in questi bambini è che le problematiche legate al cibo sono collegate a relazionali interpersonali disfunzionali caratterizzate da una disregolazione emotiva e comportamentale.
Cosa fare quando un bambino presenta un comportamento alimentare anomalo?
Per prima cosa è importante ricordare che un’alimentazione sana si collega ad una sana relazione tra il bisogno biologico (la fame) e le relazioni interpersonali.
È importante, dunque, evitare, da parte degli adulti, un uso improprio del cibo.
Il nutrimento, infatti, da atto di cura amorevole, spesso si tramuta in uno strumento di potere che gli adulti utilizzano per conquistare un maggiore controllo sul proprio figlio.
Si pensi, ad esempio, ai dolci che vengono utilizzati come premio se il bambino svolge tutti i compiti scolastici, o le intimidazioni che si fanno ai bambini per convincerli a mangiare, come minacciarli che se non finiscono tutto il pasto arriverà la strega a portarli via.
Importante ricordare che i bambini osservano gli adulti e tendono ad imitarli.
Quando un figlio vede i propri genitori mangiare, non imparano solo a nutrirsi, ma apprendono importanti informazioni su chi sta mangiando con loro e sul loro rapporto con il cibo.
È stato dimostrato, ad esempio, che già nel primo anno di vita i bambini possiedono aspettative su ciò che faranno i genitori durante il pasto ed è quindi importante che siano per primi gli adulti a possedere un sano rapporto con il cibo.
Se si sospetta che il proprio figlio mostri un Disturbo del Comportamento Alimentare la prima cosa da fare è contattare il proprio pediatra per valutare lo stato di salute del bambino.
Dopodiché è essenziale rivolgersi a professionisti esperti nella problematica.
Gli studi mostrano, infatti, che è essenziale affiancare ad interventi medici percorsi di psicoterapia che aiutino il bambino e i suoi genitori a sviluppare una maggiore regolazione affettiva e relazionale.
La psicoterapia familiare si è dimostrata essere uno degli strumenti di maggiore efficacia nella cura dei DCA in età infantile.
Un Disturbo del Comportamento Alimentare, infatti, non si può modificare solo attraverso una più sana educazione nutrizionale ma è essenziale dare la possibilità al bambino di esprime la propria sofferenza interiore e le proprie difficoltà che esprime proprio attraverso una relazione disfunzionale con il cibo.
Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta
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Bibliografia
- American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – DSM 5, Raffaello Cortina Editore.
- Ammaniti M., et al. (2006). “Psicopatologia dell’infanzia e follow-up dei disturbi della sfera alimentare”, Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, 26, pp. 79-91.
- Montecchi Francesco (2009). Il cibo-mondo, persecutore minaccioso, Franco Angeli.
- Onnis Luigi (2014). Il tempo sospeso. Anoressia e Bulimia tra individuo, famiglia e società, Franco Angeli.
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