Definire la personalità non è semplice, si pensi che già nel 1955 Allport riportava di essa ben 50 definizioni differenti.
La personalità è stata definita nel 1992 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una “modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto, il risultato di fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale”.
La personalità si presenta come un modello complesso di caratteristiche psicologiche e comportamentali che si esprimono in maniera più o meno costante in tutti gli aspetti e contesti del funzionamento individuale.
La personalità si differenzia dai concetti di temperamento, carattere ed identità.
Il temperamento è una caratteristica presente fin dalla nascita per effetto dell’eredità biologica.
La personalità, invece, è la risultante di un’organizzazione dinamica dello sviluppo psico-biologico, del contesto psico-affettivo e dell’ambiente socio-culturale.
Se, dunque, un bambino, per effetto dell’ereditarietà, presenta un tipico stile temperamentale, la sua personalità sarà il frutto dell’esperienza di vita, del contesto culturale in cui vivrà, delle relazione che stabilirà nella vita.
Il concetto di carattere fa riferimento ad una strutturazione psichica in cui vengono presi in considerazione anche gli aspetti valoriali e morali.
L’identità rappresenta la capacità di un individuo di percepirsi coeso nel tempo e nello spazio e di sentirsi autore delle proprie azioni.
L’identità è ciò che permette di considerare una persona come entità singola nonostante le molteplici manifestazioni.
La personalità, invece, è l’insieme complesso di queste manifestazioni di pensiero, comportamento e sentimento che influenzano l’adattamento di una persona e il suo stile di vita.
Sono state proposte varie teorie della personalità.
Alcune si sono concentrate sui cambiamenti che avvengono nello stesso individuo nel corso dello sviluppo, altre, invece, hanno posto l’attenzione sulle differenze tra individui.
All’interno di queste due macro-aree teoriche, si possono differenziare sotto-teorie sulla base dell’importanza che maggiormente hanno dato al ruolo dello stimolo, della risposta o dell’organismo sul processo di strutturazione della personalità.
Per semplificare, si possono individuare quattro tipi di teorie della personalità:
- Teorie tipologiche
- Teorie dei tratti
- Teorie psicodinamiche
- Teorie cognitivo-comportamentali.
Le Teorie Tipologiche tendono a classificare gli individui sulla base di alcune caratteristiche personali che sarebbero poco o nulla modificabili nel tempo.
Esempio sono la teoria di Kretschmer che indicava le caratteristiche somatiche e morfologiche come responsabili della personalità, o la teoria di Pavlov che si concentra sulle differenze individuali di funzionamento del Sistema Nervoso.
Queste teorie sono state spesso criticate per il fatto che delineano una visione della personalità eccessivamente stereotipata e semplicistica.
Le Teorie dei tratti si caratterizzano per una visione empirica della personalità che viene descritta sula base della rilevazioni di alcuni tratti o fattori che ne costituirebbero l’architettura generale e influenzerebbero i pensieri, le emozioni ed i comportamenti.
Alla base di queste teorie si trova l’Analisi fattoriale, una tecnica statistica che calcola le interrelazioni tra variabili.
Tra gli autori più importanti che hanno sviluppato delle teorie dei tratti della personalità si trovano Allport ed Eysenck.
Spesso queste teorie sono state criticate perché il concetto di tratto sembra rimandare all’idea dell’immutabilità della personalità e ad un’eccessiva enfasi data all’ereditarietà genetica.
Le Teorie psicodinamiche si sono soprattutto concentrate sul processo di sviluppo nel tempo della personalità e delle sue strutture psicopatologiche.
Enfasi importante è data da queste teorie, inoltre, ai concetti di conflitto psichico, relazioni interpersonali, gestione degli affetti e all’importanza attribuita alle prime relazioni dell’infanzia.
Il primo modello è quello proposto da Freud che ha descritto il processo di sviluppo della personalità per fasi che poterebbe alla creazione di tre differenti strutture psichiche.
Teorie più moderne sono quelle di Sullivan, Erikson, Lorenzini.
Spesso le teorie psicodinamiche sono state criticate per la mancanza di prove scientifiche a sostegno delle loro ipotesi.
Le Teorie cognitivo-comportamentali si sono concentrate maggiormente sul concetto di apprendimento.
Lo sviluppo della personalità sarebbe la conseguenza di precise esperienze di ricompensa e punizione.
All’interno di questo approccio particolare fortuna ha avuto la Teoria dell’apprendimento sociale di Bandura.
Le moderne teorie cognitiviste individuano l’esistenza di una processazione consapevole ed inconsapevole delle informazioni.
L’interazione con l’ambiente e le altre persone porterebbe alla costituzione di schemi mentali che guiderebbero le successive relazioni e le risposte comportamentali.
Un importante filone di studio è quello che si occupa dei Disturbi di Personalità.
Si definiscono Disturbi di Personalità modelli di pensiero e comportamento rigidi che contrastano con un adeguato adattamento al conteso producendo una conseguente compromissione del funzionamento dell’individuo e sofferenza soggettiva.
Il DSM 5 individua 11 Disturbi di Personalità:
Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta
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Bibliografia
- American Psychiatric Association (2013). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5), Raffaello Cortina Editore.
- Gabbard G.L. (2007). Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina Editore.
- Lenzenweger M.F.; Clarkin J.F. (2006). I disturbi di personalità. Le principali teorie, Raffaello Cortina Editore.
- Lingiardi Vittorio (2204). La personalità e i suoi disturbi, il Saggiatore.
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